Scavare è un mio obbligo, anche se non so se possa definirsi obbligo qualcosa che ci diamo noi stessi. E’ un po’ il discorso del tuffo, dell’arrampicata, della nuotata in mare aperto. Faire o laissez faire. Che ne direbbero i Chicago Boys ? Appartenere o possedere. Un po’ amletico il discorso, ma elementarmente decisivo e decisionale. Da orli metafisici e costole abbreviate, come le battute sospese o le parole tronche. Ma l’affinamento sa di razionalizzazione e quindi di noia, con la morte del piacere della trivellazione, che non per nulla conduce all’oro nero. Gli uomini nelle piattaforme marine con i poster porno alle pareti, i volti oleosi, i caschi colorati e la stecca da aggiornare quotidianamente. Lo stesso effetto disturbante dei paletti di un recinto che separa appezzamenti di terreni vuoti. La relazione di necessità alla ricerca di una sistematizzazione definitiva (definitivo, che brutta parola). Il volto sperduto della mamma atleta prima della gara. La corsa dei topi per un tozzo di formaggio. I capi di governo che si stringono la mano con il sorriso pietrificato. Né tutto, né poco: il giusto. L’ingiusto ancora meglio.
L’OBBLIGO
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