SCENDEVAMO
Scendevamo, dai monti verso il mare, verso i mari in battaglia dello Stretto, in alto c’era la calma da lasciare dal vicolo all’orizzonte netto. (da Simulacri o teatri)
Scendevamo, dai monti verso il mare, verso i mari in battaglia dello Stretto, in alto c’era la calma da lasciare dal vicolo all’orizzonte netto. (da Simulacri o teatri)
Con occhi e mani mastri di mastrìa solenne, il ferraro il rimondatore l’ebanista e chi alzò perenne l’armacìa, le parole si piegano all’onore. (da Simulacri o teatri)
All’accorto cortiglio m’appagavo, di sarte, braccianti, lavandare, devoto a quel racconto ascoltavo del paese sul monte, in fronte al mare.
In segreto un segreto di sé si svuotava e diveniva la voce dell’estate nel paese, la croce di qualche mese, la virtù schiava, libera della più mascherata delle offese. (da Simulacri o teatri)
Questa notte solcava lo Stretto la bracciata forte di mio padre nuotatore – in lontananza gli avevo appena detto: oh, scorra scorra, oltre, questa rema d’assenza, quest’alterno dolore… (da Simulacri o teatri)
Minimamente prossima, la fine Precede inciampa sopravanza, Tale per uso tacito s’accampa ai margini Dei mercatini rionali di qualche speranza
Al piano Croce col primo sole S’intrecciava la palma l’ulivo il rosmarino, Verso sera scolorava sangue e viole, Come un’eco l’osanna del mattino.
Forse una notte muoio, ma non posso consentirlo del tutto, un poco (poco poco) [resto vivo forse, un anticchia appena, resto, ridotto all’osso, mi appoggio mi assopisco al corpo dell’ulivo.
Le cartoline della Messina dei primi del Novecento Mostrano a volte verità di noi stessi Inconsuete, di cui nessuno fa conto Ormai, una città un porto disegni Non nitidi ma severi ed eleganti Della vita e della bellezza perdute, Dopo le fauci della terra aperte, Verso giornate o vite decadute, …
Sant’Elia, le Rocche, la Traversa, Vi punge l’aria fine dell’inverno, Peppino tra una salita una discesa Nel sole di febbraio teso, arreso Al peso dell’eterno.