(DALLA MEDIA ESTATE/4)
I padri archiviavano i torti nella pace a terrazze degli orti, una pace a portata di mano, all’alba, quand’era più piano l’umano.
I padri archiviavano i torti nella pace a terrazze degli orti, una pace a portata di mano, all’alba, quand’era più piano l’umano.
In collina eravamo pallidi, bianchi, Scendevamo al mare con un passaggio, Risalendo coperti di sale, stanchi, I dodici anni un atto di coraggio. In collina venivamo generati Nel tempo fermo, nel solito raggio Dell’abitudine, nel paesaggio accucciati Rinascevamo sempre a un eterno maggio
Nel chiaro andavamo, io, in un sonno assorto, Io e mio padre la domenica mattina, All’approdo dei pescherecci al porto, A una manna di pesci, all’altomare prossimo Al centro di Messina.
Stanotte sogno Ntinnammare, Sogno le doppie acque giù al Pilone Con lunghe bracciate io che non so nuotare E mio padre che guarda da Filione.
Un suono costante di biscotti, Nzulli frolle ciambelle piparelli, Momenti che croccano, speziati. Dai paesi che crollano, ciottoli, dai colli.
Alla luce delle verande Non nascondiamo da ieri il rosso Dei gelsi sulle maglie bianche, Al sole le scure le nude processioni, Dietro il timore delle serpi al fosso.
L’alba in quel folto Per ritrovare il senso dei sentieri Pellegrinaggi o furti di raccolto O le ginocchia, i sassi, i massi Ove si spacca l’anima di ieri.
Ripartire dal sangue, dalla voce dei morti, riconoscerli in coro dietro il muro confinario, nel presente dei forti. Scavare il passato, mordere il futuro.
Quest’anno mese Settimana o giorno del Signore Riprendo i cammini dal paese Ai più remoti o prossimi territori Atavici. Al cuore.
giorni che resteranno palinsesti da raschiare ove scoprire riscrivere i padri andati i loro nomi le loro parole nel camminare da un versante all’altro delle contrade; sarà sempre un’opera filiale, si voglia o no, una parola sfuggita, un detto sfuggito all’oblìo, ovunque ci sia tempo e lentezza dell’occhio, sulla terra …