La verticale che in questo momento sta scalando la donna – un masso di plutoniti – passa per un sentiero naturale mai percorso da anima viva. Non è uno scherzo, lei sarebbe davvero la prima. Ma non è questo il punto. La cengia è nella zona in cui la pendenza del 60 per cento si riduce drasticamente al 30, dando temporaneo sollievo alla rocciatrice che pochi secondi dopo però sente l’acido lattico premere con insistenza dentro i muscoli femorali. Si accovaccia, dunque, ma non trovando requie. Nessun riposo: tutto – pensa – si sta svolgendo illusoriamente. Sono i capelli a insinuarle un dubbio. Quei capelli che all’improvviso, ora, si sono sciolti senza che lei l’abbia voluto. Quei capelli che aveva arrotolato più volte, ben stretti da due passate di elastico e raccolti dentro un berretto di pile. Che ora dirompono verso il basso in una slavina: bellissimi. La cengia è una fenditura dentro la plutonite, e vista dall’interno ritaglia un triangolo di luce azzurra contro il quale quei capelli oppongono resistenza, si ramificano, prendono definitivo possesso della terra e delle pareti senza che lei l’abbia mai desiderato. Il castano dunque si trasforma in mogano. Le radici in un fulminante rosso magenta. I neon si accendo e spengono a valle. Parte la sedimentazione. Torniamo al punto: qui, mai nessun essere umano è passato.
LA CENGIA
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