Avevo bisogno di volare, oggi. Avevo bisogno di girare tra le nuvole agitate dal vento. Lasciarmi trasportare dalla scia degli uccelli e gettarmi in picchiata nel mare. Perché i giorni non sono che copie sbiadite di giorni e il vento è l’unica cosa vibrante che possa cambiarne l’aspetto. Freddo, dentro, Grigio forse Nero, fuori, invece, l’azzurro brilla tra i ciuffi scomposti dei nembi. Il verde invece è spento, estenuato dall’arsura estiva. E il mare con le sue chiazze turchesi, le secche e le creste vivacemente bianche delle onde oggi mi dà il senso della luce come nient’altro. Avevo bisogno di volare, di incontrare i gabbiani e nascondermi tra le loro ali, di giocarci a nascondino. Di fingermi un folletto, ecco di cosa avevo bisogno, di uscire da me e guardarmi dal di fuori, di vedere chi sono, riconoscermi e scherzare con me come se io fossi qualcun altro. Avevo bisogno di volare, oggi, ma la terra appena bagnata rende impossibile potersi alzare in volo. E’ una calamita. E non c’è niente che possa disattivare il suo potere assoluto. Neanche i più forti dei folletti, neanche loro, riescono a portarmi via se respiro troppo a fondo il suo odore. Volevo che arrivasse il vento e mi portasse via. Che mi strappasse dal suolo, mi scomponesse, mi strattonasse e si impossessasse di me. Come avrei voluto volare oggi, in questa luce vitrea e acquosa. Sentire addosso le gocce di cielo passando tra le nuvole.
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