afferralo – 1976

“afferralo. si chiama diddò. ha 23 anni. fagliele sentire. ddài!”- dico sì e me le
suonano. dico ‘forse’ e me le danno. gli chiedo di pesarmi come si deve, allargo le
gambe, mi rilasso, nulla è nascosto. cominciano, da dietro, dal basso verso l’alto, con
una vergata scorticagengive sui coglioni. mi aizzano addosso un pastore tedesco,
olimpionico di strappo, a cui non fa schifo assaggiare l’osso, farsi formichiere,
succhiare il midollo. – e visto che sono già lanciati, non dico più nulla. smetto di
sollecitarli. – mi riproducono rapidamente in milioni di copie – che non sono copie
identiche. elaborano immagini, maniere, metodi di sterminio sempre più rapidi.  –  c’è,
subito, competizione, bella, tra produzione e sterminio. – c’è, subito, tra produzione e
sterminio, solidarietà. –  qualcuno prende nota della vicenda. qualcuno si riposa. io
regalo consigli. sorseggio un liquore forte, denso, senza idee. – mi annoia. – mi
chiamano. mi afferrano. mi squartano. mi esplorano. mi richiudono. lascio fare. penso
che si stancheranno. ma non si stancano. non si stancano mai. sono ancora freschi,
vigorosi, ciarlieri, attivi.

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