notte che è giorno

che non riesco a dormire a luce spenta. Di notte casa mia è un covo d’elettricità, negli angoli più remoti della catapecchia, accendiamo candele e lumini, il lampadario di nonna ribolle sul pagliericcio matrimoniale, il tavolo della cucina sbilenco s’allaga di lampadina che pende. Alle bollette, pensa il Domo, che l’hanno congedato dopo sei turni. Dominici, claustrofobico che è, appena scendeva lì sotto, gli prendeva a male, peggio che a Paride. Nessuno se l’accollava, ci ho pensato io. Dormiamo nello stesso letto, ma appena prendo sonno, faina che è, s’avvinghia alla peretta della luce. Allora io mi faccio sirena e urlo, lo invaghisco di blandizie e, dopo prediche sul sonno dei giusti e lamentele per il caro luce, finisce che mi dà retta e si torna come si deve, nel buio degli scisti.

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