la panteganja

Era arrivata che era dicembre inoltrato e mentre l’oleandro ingialliva la panteganja aveva iniziato a spacciare nel bel mezzo dell’aiuola. All’inizio ci arrotondava e basta, poi il giro si era fatto di boa e ne erano arrivati a frotte di ratti interessati. Era lei che aveva spaventato a morte di Maria Adele in cortile, la stessa bestiola in fuga, poche ore prima della grande invasione. Dove si approvvigionasse la panteganja resta e per sempre resterà un mistero. Nessuno si azzardava a fare ipotesi. La rete di spaccio portò bestie da ogni quartiere. La città invasa, i condomini in fuga, le palazzine deserte ridotte a terra di nessuno, in realtà a terra di topo. I derattizzatori, vinti dall’inutilità di trappole, veleni, topicidi e congegni a onde sonore, ripiegarono su altre città, altri paesi. La Ratta, una delle più famose, chiuse i battenti il giorno dopo, licenziando trenta specialisti del settore. Di topi, a quei tempi, in pochi ne sapevano, per questo stavano zitti. Non c’era topos, nessun argomento. Così noi.

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