Nella foresta dove abitava Jung trovai lui che spiegava ad un’ascia come lanciarsi contro un albero fino a farlo cadere, mentre l’ascia era dietro un sipario calato. Jung mi spiegò poi di essere una rosa intrappolata nel corpo di Jung, e che non riusciva a coordinare le mani per il possesso di armi pesanti e sporgenti. Dissi a Jung che, nella vita, mi piacerebbe scrivere almeno una ventina di centimetri di poesia ed infatti uso la penna come un righello per prendere le misure. Costruire un condominio di poesia dove possono abitarci le parole ma non i lettori. Questo progetto non occuperebbe spazio e farebbe orario continuato, girando e rigirando su se stesso come un’isola attaccata ad un palo. A quel punto, l’unico modo per sfuggire alle ripercussioni economiche sfavorevoli sarà aggrapparsi a delle stalattiti. Jung mi guardò e le sue branchie, tremolando, producevano una melodia triste come una ferita di arma da fuoco, per la quale furono accusati tutti i bambini del villaggio.
NELLA FORESTA DOVE ABITAVA JUNG
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