Si viveva, una volta, oltre un secolo fa, in una tana vetrata. I raggi poggiavano sulle cose e il puzzo vi cresceva dentro intollerabile. Ogni oggetto presente in città spugnava il liquido di una perla avvelenata. Di notte, allora, piovevano aghi dal vetro e l’interno della tana s’illuminava. Re Ludd sonnecchiava inerte sotto le vene di primavera.
Le lattine traboccavano, a meno che qualcuno non vi esplodesse dentro per uscirsene traboccando nel fumo. L’aria e l’acqua sapevano d’uovo. Ma l’acqua spremuta dagli oggetti di quel mondo scorreva lontana. Però, con l’uovo e la spremitura l’esplosione era continua: maestranze che dalla tana passavano via, imprenditori storditi dal fracasso, tutti rassicurati dalle perle avvelenate che i preti raccoglievano da terra. In continuazione. Si nutrivano del fumo che sbuffava dai botti; masticavano disperazione. Davano lavoro a basso costo ed esplodevano nelle lattine a malapena ricostruite. Nella baldoria cresceva la frode «Quando tutti si guardano in giro» «Quanto più s’impone l’autodifesa» dicevano, ma nessuno poteva sentire e si rimaneva nella combinazione di vetro, in quel mondo incollato al futuro.
L’altra notte, quando il vulcano vomitò fosforo e il caldo ingoiò i ghiacciai e il fumo entrò nelle tane di vetro, re Ludd si svegliò di colpo dal suo sonno micidiale.
IL FOSFORO DI LUDD
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