SEMPRE GUERRIERI

Avrei bisogno di un cane, un canino piccolo, non questi cosi dei Pirenei, queste bestie enormi che inondano la Val d’Arno a pisciate, un canino che mi tenesse un po’ di compagnia, che – nemmeno le leccatine sul muso, quelle no: uno di quei cani che si alzano e ti vengono vicino per dire che gli scappa da pisciare, zittini: canini che significano senza troppi sberleffi. E ti alzi, una carezzina, e diligente gli metti il guinzaglio e lo porti fuori, in un qualche posto dove siete solo voi due, tipo un Sacrario dei morti della Prima Guerra, un’Ara Votiva. E ricominci, come tutte le volte a leggere i nomi dei morti, dei soldati e dei tenenti, dei sottufficiali e dei generali, che tutte le volte arrivi alla effe, fontanelli, formentini, franceschini, e tutte le volte la stessa cosa, che arriva il cane della vicina e si accapigliano, il tuo e il suo, e tutte le volte è colpa di chi, di mio o tuo, di loro, l’orzo e l’orologio. E come sempre si smette a gabellieri. Tutte le sere sempre gabellieri, maggiore, un canino così, guerrieri. Tenente medico.

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