Rapsodia ungherese in Do# minore

L’avevo portata a casa – e lei si era di già spiaggiata sul divano. Aveva tolto gli stivali. Aveva avvicinato la
fiamma alla sigaretta che penzolava inerte dalle labbra color mirtillo e mi aveva domandato l’ora. Le ho
detto tutt’altro: che avevo finito il vino e che volevo suonarle un pezzo di Liszt – non cedeva: che ore sono?
falla finita, non sei Horowitz. Continuava a fumare: ed io che rincorrevo le note sullo spartito per lei non
sarei mai stato Horowitz.

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