QUEI 68 MQ DI UNIVERSO/ Vi erano una volta un designer e un urbanista….

Di cosa parlino non saprei, lo sguardo mi pare resti verticale sul vetrino dove si lamentano le cellule.

 

Inizio come designer, oggettistica funzionale, le parole. Un’attenzione al dettaglio, all’ergonomia, al millimetro che eccede o manca perfino. Ma no, non può bastare: mi dedico subito allora all’idea di un ambiente intorno all’oggetto: tramezzi, punti luce, pareti colorate. Fuoriescono opere in costume, scenografie teatrali, o simili, che collocano il senso in spazii allestiti differentemente, sempre. Infine – sarà anche perché giunge una leggera presbiopia a soccorrere (e sento già il pubblico che eleva un sorriso) -, in quale lungovita esiste questa casa? Di riflesso le strade, i servizi che occorrono, e diviene in veramente poco tempo un’orchestra da dirigere, sapendo che la sezione fiati e i solisti possono esserne la melodia, la sezione ritmica altro, di diverso profilo, ma il disegno che ne emerge – poniti a distanza, qui va bene – ha in qualche modo ricomposto le diverse specie, come fa il mondo, in fondo…

 

In effetti, diffido di chi rimane designer per una vita. Una corsa da centometrista che può permettersi, evidentemente. Tuttavia toglie tempo utile proprio al mondo. Per questo dico che l’età senile che arriva, la presbiopia, la concentrazione sul particolare che cala, è un auspicio civile, sì, civile.

 

“E le parve anche bella.”

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