IL BUIO

Con modi cerimoniosi il cameriere accompagnò l’Ospite in uno dei cinque salotti della casa. Dato che gliene diede possibilità l’uomo scelse il nero, a motivo – fantasticò il domestico – della forma del suo sincipite e di un carattere particolarmente difficile. D’altronde, supponeva il motivo di quella visita: l’Ospite non aveva figli e aveva poca dimestichezza coi colori sgargianti come il rosso, il giallo, il verde o l’azzurro, considerandoli colori inferiori, e inoltre amava la penombra; non amava invece il fuoco né le belle distese di margherite della tenuta sulle quali lui, invece, si deliziava a correre nei giorni di permesso, e al mare decise che quello andava di rado a prendere i bagni. Salutatolo con un inchino lo pregò di aspettare. L’Ospite sprofondò in una delle poltrone e lì, infatti, attese di essere ricevuto. Il cameriere, piuttosto giovane in verità e poco esperto, fantasticava spesso le vite degli altri considerandole fonte di curiosità e di divertimento, perlomeno di quelle delle persone che venivano ricevute in quella casa, per quanto meste – come la figura di quella sera – potessero apparire. Del resto, altre non ne conosceva. Sapeva niente di quello che accadeva all’esterno e raramente otteneva di uscire. Fermatosi sul corridoio fissò il suo interesse su un antipatico moscone che ronzava contro un vetro. Si chiese se non fosse il caso di schiacciarlo, temendo di sporcare però tirò un sospiro e passò oltre. L’uomo sedeva nel salotto nero e aspettava. Si fece buio presto. Sulla fazenda calò la sera e migliaia di moscerini volteggiarono nel cortile. Il ragazzo tornò con un candeliere acceso. L’uomo si era alzato e ora fumava vicino la finestra, ma con insolita eleganza per essere un meticcio – rifletté il ragazzo – : teneva la sigaretta tra le dita lanciando dense boccate bluastre da una bocca perfetta. Il ragazzo decise che l’uomo era venuto per conquistare la proprietà di quel posto. Immaginò una battaglia legale e scene in cui la signora padrona batteva il pugno sul tavolo di un notaio. Appena fuori fu nuovamente sul corridoio e lì incrociò la sua faccia in uno specchio. Nel buio vide soltanto la metà di se stesso. Giocò a falsificare maggiormente la realtà, e fu lui l’Ospite.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

9
Il momento è quello che è la disorganizzazione deve essere tenuta il più alta possibile ha importanti applicazioni  il controllo Read more.
Portami a ballare un finale diverso (9)
Gli amici ritornano per te, andiamocene a casa e non ci pensare. Ci servirebbe un ponte a ponente per arrivare Read more.
quale magnifica (da INSETTI 2002)
il pianeta sta per chiudere quale magnifica condizione   l’associazione degli agonizzanti lambisce frenetica il periodo Read more.
COSE DEMENTE
parlo, io, invece, parlo come fosse pioggia, temporale di parole, parlo sempre, io, niente zitto mai, giusto il dormire, che Read more.
da I GIORNI QUANTI (111)
Di un collega al giornale racconta il fotografo. Via Mariano Stabile, tarda mattinata domenicale. Avevamo finito, avevo le fotografie, saremmo Read more.
monologo esteriore n. 4
non ho ancora imparato a pensare un pensiero alla volta con queste maree che inondano me tra la cucina [e Read more.
SONNO
Stiamo dormendo e mentre mi abbracci diventi un manichino. Diventi leggerissima e galleggi nell’aria. Siamo circondati dalle acque. Siamo circondati. Read more.
da DIARIO PALERMITANO (13)
Fragore assordante. Forse è caduto un palazzo. Con il motociclo svolto a destra; alle spalle, fumo e polvere. Svolto a Read more.
CHI SONO
mi chiamo Ettore Bultrini, di professione estrattore. C’è un ritorno di minaccia nella parola che designa il lavoro che faccio, Read more.