La fotografia non è il mio campo. E oltre a poter dire “mi piace – non mi piace” non ricordo di aver mai potuto aggiungere qualcosa in proposito, di aver mai potuto fornire una vera opinione insomma e se l’ho fatto l’ho fatto d’istinto, dato che manco della minima competenza tecnica. Non ci capisco granché, a dirla tutta. Non ho idea dei fatti tecnici indispensabili alla sua comprensione, di quanto tempo occorra, del chiaro/scuro, del colore, di quanta esposizione alla luce, dell’angolazione o di quelle altre decine di particolarità che in definitiva occorreranno per fare di una foto una buona foto. Ma penso che molto sia dovuto alle circostanze: esiste un momento in cui la fotografia va scattata e mai più in un altro, momento che chiameremo “prediletto dal caso”. Questo ad esempio. L’attimo in cui il barista abbassa in un colpo la leva della macchina a pressione su due cucchiaiate di caffè macinato. Quello in cui una lama di luce solare colpisce la porzione di universo contenuta tra la parete su cui poggia la caldaia e il bancone. Quello in cui milioni di particelle di polvere si alzano all’improvviso, seguendo il movimento del braccio che a sua insaputa esprime una regola geometrica universale. Cateti, ipotenusa, angolo di sessanta gradi.
ANGOLAZIONE
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