UNA CAMICIA A QUADRI

Si è tanto parlato di rifugi antiatomici, ma ora non più. Negli anni tra i cinquanta e i settanta ci fu un vero boom di istallazioni e in stati come l’America fiorirono industrie specializzate. Ricordo di averne visti in documentari tv anche abbastanza spesso. Tanta richiesta nasceva dalla paura di un terzo possibile conflitto mondiale che in anni come quelli, di piena guerra fredda tra Stati Uniti e Russia e di proliferazione degli armamenti nucleari, si rischiò davvero a quanto pare, ma che oggi sembra un fatto lontanissimo e del tutto scongiurato. La scala scendeva fino a quota meno 4-5 dal piano di campagna, si accedeva attraverso una botola ermetica e si entrava in un mondo di cemento armato e umidità. Scatole di conserve, taniche d’acqua, maschere antigas, l’occorrente per scrivere, farmaci e batterie d’auto. Quello che mi colpiva, però, non era tanto il luogo quanto l’uniformità dei proprietari che conducevano il cronista nell’ispezione di quelle camere stagne: indossavano tutti la stessa camicia a quadri e avevano tutti lo stesso taglio. Tutti. Possibile che il regista non se ne sia mai accorto? 

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