Quanti giri del giardino coprono la distanza per Gerusalemme, da li a la Mecca, da li a Roma, Santiago de Compostela, Benares? retorica virtuosa del percorrere. Odore d’umido, terra, felce d’acqua, papiro, muschio, foglia del paradiso, arancio portoghese, mandarino, limone, susino, pitosforo, edera, ghiaia, gelsomino, arancio amaro, rosa, ortica, asparago, calce, edera, fede, cemento e di nuovo dall’angolo. Segatura, ferraglia, uova marce. Gli operai hanno tolto la pietra. Eden, ore 12,00, Pablo entra ed esce, rientra. Fiuta le carte del salame, l’oleata del formaggio, slinguetta la velina della mortadella, la latta del tonno, riesce a scansare la pedata del mastro che tarda con la mafalda in mano. Insiste in giro sino all’angolo malinconico nel tanfo mandorlato molle. Col muso invaghito, nel sacro, a zampate, lo tira fuori e se ne sazia di naso, se lo passa sul collo di pancia a striscio. Lo abbandona a zampe in aria sul mirto. Il mastro crede che Pablo sia eccitato dalle polveri di calce e cemento, dalla ricerca nella terra smossa. Tra un boccone e l’altro, ad un tratto si vede, nell’ordine del pelo unto e della carcassa rinsecchita di Patufè riesumato. Patufu, finisce nel cassonetto in strada. 17,30 l’arpista ha deciso, di portare l’arpa in giardino e concertarsi in memoria sulla pietra. Cerco di dissuaderla, lo strumento potrebbe rovinarsi tra la polvere. Insiste e sono costretto a dirle che la pietra è stata spostata. Ma lei permane nel voler essere pronta, all’imbrunire, con lo strumento, spartito e candele. Conclusi i lavori del giardino, ha anche l’intenzione di trasferire ciò che crede rimanga del gatto in un grosso vaso di ceramica e portarlo su in terrazza. Le dico che in terrazza una volta rifatta non le permetteranno di collocare le piante. Vorrebbe che gentilmente ugualmente l’aiutassi e mi passa una sigaretta. Rifiuto e cerco la parola di situazione. La pietra che dava forma al ricordo è passata alla soglia, consunta: cannella, rosa canina, cardamomo, te verde, anice stellato, cenotafio. Vuole sapere il come e il quando dell’altrove. Una dozzina di passi per rincuorarla. Non bastano. Vuole verificare nel cassonetto. Esce, attraversa la strada, apre il cassonetto: oh! Patufu scomposto e impasticciato sul computer ritrovato di Gina.
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