CHI SONO

mi chiamo Ettore Bultrini, di professione estrattore. C’è un ritorno di minaccia nella parola che designa il lavoro che faccio, ti s’annida tra i capelli alla prima scesa, si muove piano, le scarpe strette e sfasciate, i lacci troppo corti, ma lascia il segno. Traversine arruzzate che percorri e piccoli vagoni di malessere che, pure se ci sali sopra e t’accompagni al carico, nulla tolgono alla fatica, alle braccia di cera, al fiato che s’accorcia, alle secrezioni che ottundono gli angoli e impediscono di vedere. Ancora qualche anno e me ne vado alle Maldive, mi dico. Il Domo mi riporta coi piedi per terra. «Dov’è che vai c’è terra e vermi. È lì che t’accompagno.» Ed è allora che la notte si fa ancora più piccola e stretta, e io, per contrastare il buio che mi s’accavicchia dentro, accendo la luce.

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