Mi spiego meglio. Un calzascarpe privo dell’impugnatura o il mento barbuto di un trombettiere, ma anche un paralitico di Domodossola, una nuvola fatta di cotone o una signora di Beijing nell’atto di decapitare un’oca, potrebbero essere tutt’altro di quello che percepiamo. Non esistono forme fisse e immutabili: tutto prescinde dalla sua stessa natura e quello che vediamo dipende solamente da elementi come altezza, larghezza, profondità, tempo, e dalla modalità con cui il centro visivo del cervello le cattura: è così solo perché questa è la nostra convenzione anatomico/spaziale. Ma in realtà si tratta di stringhe d’energia. Il calzascarpe, dunque, potrebbe essere un cavalluccio marino, il mento barbuto una canoa d’altura, il paralitico una nuvola piena di cotone e la nuvola una signora di Beijing che scapitozza un’oca. Mi spiego meglio. Se un bambino chiamasse la madre in una stanza che abbia un’unica dimensione orizzontale, griderebbe in eterno senza essere sentito. Ma se lasciassimo cadere su quel foglio un goccio di cloroformio, una stellina di marzapane, l’ultima frase che Grangola rivolge a Gargamella. Lì, sulla testa del bambino. E la sua voce finalmente.
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