LA RANA

Al chilometro 52 della carretera 8, che collega Puerto Penasco a Sonoyta, in Messico, si trova un chiosco che vende souvenir fabbricati con resti di animali morti. A gestirlo è Don Juanito, un florido Papago di mezza età con lunghi capelli grigiastri raccolti in uno chignon. Quando si entra nel suo negozio, l’odore di pelle essiccata e formaldeide arriva dritto alle narici, mentre gli occhi si perdono tra scaffali carichi di macabri oggetti. Don Juanito, col sorriso di un bambino orgoglioso della propria collezione, accoglie ogni cliente come un vecchio amico, illustrando le varie funzioni di ogni pezzo esposto. “Talismano realizzato con zampa di coyote,” dice. “Serve per protezione nei viaggi, e a caccia. Prova, prova. Altrimenti prendi questo: becco di aquila contro sfortuna.”

Fino al 1998 l’articolo più ricercato era la “rana”, ciondolo di colore marroncino realizzato col dorso del sapo grande, un rospo noto per le proprietà allucinogene del suo derma. Bastava mettersi in bocca il ciondolo e ciucciarlo per una mezz’oretta, per avere in cambio esperienze psichedeliche di prima qualità, naturali al 100%. Il suo prezzo si aggirava intorno ai 750 pesos, tasse incluse.

In seguito alla denuncia del locale ufficio di igiene, preoccupato per l’uso deviante delle proprietà allucinogene dell’anfibio, le autorità ne vietarono la vendita. Da allora la “rana” scomparve dagli scaffali del chiosco.

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