ELEGIA A CHIUDERE

Lecce non è, ma sta

città dei nodi a moltiplicarsi

di parole

(si fa sofisticatamente pitturare lo sguardo).

 

Poiché Lecce non è, ma sta

è il celato il navigabile cosmo

della Terra d’Otranto

oro dei giardini nascosti

biancore di chiese chiuse da secoli

gatti di fede pitagorica,

un po’ orfici e un po’ bizantini.

Piove sangue il Cristo crocefisso

come sospeso nell’elevazione della

navata e appeso al buio rigato di fiammelle

viene avanti viene avanti

mentre i tagli sul corpo grondano acqua salmastra

come dal volto di feriti olivi, offesi, minacciàti, fatti monchi, trascuràti, come

d’ignoranza e smemoratezza irroràti (ma non

ma non dalla loro gente, non dalla gente degli olivi, non

dalla gente che con l’acqua del sudore e pure delle lacrime li ama

e vorrebbe lavarli:

per guarirli).

 

Accade così che, entrando e

uscendo da stanze altissime sature di tempo,

vediamo

saliresaliresalire per spostamenti di cielo

le ringhiere dei balconi e negli echi ondulatori dell’acqua

l’assetante nostalgia la voce e il vento

sono ancora un giro ebbro del sangue

e un sistema antieuclideo di piani inclinati.

 

 

da LECCE NON È

(NOVE ELEGIE) inedito

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