PACCIAMATURA

L’aria fredda, qui, anche se sembra impossibile, ha coscienza di sé. E’ animata. (Parla Slada Greontina, l’aiutante a ogni cazzuolata fa un oplà). Pesa come materia organica solo che non la puoi comunque afferrare. E’ un’elettromiografia estesa al cervello. Qualcuno chiede se dia almeno un referto. (Parla Slada Greontina: sì, sempre lo stesso: solo e unicamente gelo). La pulce si è adattata definitivamente a vivere al caldo dell’orecchio e il bandolo della matassa ghiaccia subito, non appena provi a sfilarlo. Qui è tutto inutile perciò: sia insinuare il dubbio, sia tentare di risolverlo. La gente porta sulla pancia un carico pesante: felicità e ancora felicità. Quella degli altri. Le maestre tirano dal naso dei bambini le prime foglie secche. Spuntano in quegli occhietti inermi quelle che un giorno saranno vere e proprie radici che non potremo più estirpare. Si ricompone il ciclista, beve un integratore dalla consueta borraccia e riparte. Un nuotatore esce fuori dall’acqua di una piscina deserta: si avvolge rapidamente in un telo, si siede e rabbrividisce. E’ un po’ matto, in effetti, a bagnarsi con questa temperatura. Io parlo con una sconosciuta sotto una tettoia di cartone, di pioggia, di abiti inzuppati e scarpe fradicie. Di come la solida vita che un tempo abbiamo immaginato non corrisponda a niente.

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