Due di due minuti. Era caldo di sabato mattino che si presentò la felicità. Come la Santuzza,
fimmina è. Ancora. Era già tutto previsto. Si cucì di fretta anche il merletto di Burano. Il cielo
tuonò benedizioni e fuochi congiunti. Non si poteva più aspettare. L’umanità lo desiderava
come il caffè cefaludese del primo dì. Perfezione armoniosa per due alla seconda. Si
confusero sorrisi e occhi mentre profumava di ginestre e viole. Perfino le mandrie canute di
purezza danzarono pasquali sui monti palermitani. Tutto sapeva di vita, anche il sospiro
seguente. Era quasi il giorno del cesare Iulius. Corse il tempo tra strilla e camminate. Il
mattino ha l’oro in bocca, soprattutto a piedi. Il mare stanca, la terra quieta. Quotidiane come
le aspettative, ma più dolci. Bisogni interconnessi tra vite stravissute. Manca sempre anche
a me, l’odore. A volte sa d’ossigeno. La mia capacità di ventilazione sa adattarsi al surplus,
ma soffoca. Un altro giorno muore, ma respiro. Sarà che son quieto del mondo che resiste
agli affanni. Ci sono due bombole di riserva. Abbiamo forse l’ultima speranza di salvezza?
Gioiamo celesti. È tempo di ancorarci.
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