AL BAR DELLA CAMPANA DI VETRO CON SYLVIA PLATH di Francesco Gambaro

Il titolare di un pub di via Chiavettieri a Palermo protesta per incidenti occorsi (da mettere nel conto). Rendere viva una strada è renderla rumorosa. Movida è la parola chiave che ne giustifica l’impennata. Movida non è una parola italiana, nemmeno palermitana. Un po’ si diventa farlocchi con tutti questi spagnoli davanti. A me sta bene che in strada si arrostisca la merda. Ubriachi si mangia tutto. Ma da che parte sta il silenzio. Indicatemi una via, un bar, che non siano cantieri a turni rotativi, dove leccare con gli occhi, sobri, le ciglia delle ragazze. La promisquità movidica arroste pure il silenzio.

…Prima del loro arrivo l’aria era alquanto calma, andava e veniva, respiro dopo respiro, senza tante storie. Poi i tulipani l’hanno riempita con il loro frastuono, ora l’aria si impiglia e vortica intorno a loro come un fiume s’impiglia e vortica intorno a un motore affondato, arrugginito. Concentrano la mia attenzione che felicemente giocava e riposava senza troppo impegno. Perfino le pareti sembrano accalorarsi. I tulipani andrebbero messi dietro le sbarre come animali pericolosi;…” (da ‘Ariel’ 1961, traduzione di Erminia Passannanti)

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