Furono temporali: sbatteva il cielo,
sbattevano i rami delle foreste
e il lampo incendiò la visione.
Impazzivano le formiche,
frustate d’acqua sul viso dei naufraghi,
si piegava l’erba, si riempivano i fossi
il canto della furia infrangeva i vetri,
si spensero le luci,
il lampo bianco accecò il buio,
rimbombava la furia: il suo canto
sordo sul passo del mio mondo,
apparvero gli adatti a farsi benedire,
si bagnarono gli stracci dei senza volto
sotto cieli rossi di ruggine dell’immensa città
di ferro e di vetro dove risorgevano i morti
mangiati dai vermi a cercare i loro corpi,
a cercare l’aria sotto la pioggia,
mentre volavano a frotte uccelli sbandati
nel canto della furia nel cielo plumbeo
sopra l’immensa città di ferro e di fuoco,
l’immensa città lucida sotto la pioggia,
intonarono un canto nella cattedrale
che si perse soffocato dalle risa.
LACRIMAE RERUM 33
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