NECROLOGIA CON ARCO NEI BANANI

Oggi vorrei ricordare due parole: Beccamorto –  Spazzino –  Mongoloide. Vorrei ricordare inoltre che nessuno meglio di Anna Maria Carpi e di Ferruccio Masini ha mai tradotto Gottfried Benn in italiano. Ossia: saperle usare le parole. In più, chiarire una faccenda che mi sta a cuore. Non fu il crac degli abbaglianti, né tutti quei salici che all’improvviso allamparono dall’autostrada: gli occhi delle mie amanti mi accecarono. Io sono Carlos Monzon, campione del mondo dei pesi medi dal ‘70 al ’77. Ebbi una vita sconsiderata, fui un donnaiolo, uccisi per strangolamento Alicia Muniz, uruguaiana. L’8 gennaio del ‘95, mentre rientravo al carcere di Las Flores, mi infilai nella corsia di sorpasso a 150 all’ora, l’auto sbandò, si ribaltò non so quante volte. Pagai il mio ultimo conto senza fiatare. A 52 anni.  Col tempo ho imparato a riordinare l’esatta sequenza: Morte – Esequie – Sepoltura. Poi la migrazione dell’anima attraverso il sottoscala. Ricordo perfettamente la striscia bianca che divideva le mezzerie, la pozza di sangue nero, qualcuno che mi puntava contro una lampadina. Le auto della polizia. Il carro attrezzi.  L’odore di balsamo per capelli che mi inebriava.

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