L’USO DEL NOSTRO TEMPO IMPERFETTO

Sarà che a nessuno è venuto in mente di donare una clessidra al primo esemplare saltato fuori dall’inventario degli accessori nella notte dei tempi, sarà senza ombra di dubbi. Proviamo a immaginare il primo libro dei libri, scrigno del primo pensiero declinato al tempo scomparso, posto sullo scaffale in alto o in basso non importa della libreria più antica di ogni epoca, proviamo senza avvertire il soffio della malinconia che avvolge le cose lasciate nude, lì nell’angolo, apparentemente a riposo dai pensieri e le preoccupazioni, in realtà semplicemente relegate in un angolo, senza quasi rimedio, senza sole. Le persone cominciano ad entrare, richiamate dalla promessa di novità che si è sparsa ai quattro venti nella voce di qualcuno, e si mettono in fila; la processione scorre lenta, senza affanni, ed ognuno esce con in mano un esemplare dell’inestimabile, estenuante inventario (dal momento che dalla notte dei tempi di cose ne sono accadute, va da sé). Solo allora, come una folgorazione, la sorpresa. E lo sgomento, forse il disgusto perfino. Di vedere con i propri occhi una trama che scorre, tutta declinata al tempo scomparso. La storia del mondo è passata, e i modi e tempi dell’autore hanno pensato bene (vigliaccamente) di seguire l’andazzo. Che scherzi sono? Noi siamo fatti e siamo venuti con la promessa di leggere qualcosa che fosse proiettato nel futuro, teso come un fuso, proprio come lo siamo noi, che a malapena sappiamo stringerci nel presente come piante senza sole che non possono crescere una foglia in più. Costretto nell’angolo dalla sollevazione popolare, l’attendente è chiamato ad ammettere che, per una qualche specie di riprovevole solidarietà, anche gli altri esemplari del lotto si sono rifiutati di accompagnarsi con la clessidra, ovverosia il grande e temuto metro del tempo. Si sparge in fretta la voce, i più cominciano a storcere il naso, mentre lo spregiudicato di turno azzarda la voce che l’illusione sia appena finita. Un altro, che non si preoccupa punto di mostrare le credenziali a sostegno del suo ragionamento, protesta con l’attendente che la clessidra non è mica un orpello; se ci avessero pensato per tempo, a quest’ora gli illustri lettori godrebbero dell’illusione più facile e pura dell’intero lotto degli umani sentimenti: quella di poter piegare il tempo a propria discrezione, secondo l’inclinazione e mai la declinazione. E così bruciare in un fascio tutte le storie che non servono alle umane cose, ovverosia al progresso. E così basta una parola in più per innescare la reazione, e qualcuno minaccia di venire alle mani, il modo migliore per rendere un torto di questi tempi. La protesta monta rapida come è venuta, e vistosi perduto l’attendente non trova soluzione migliore che promettere l’immediata chiusura del bazar. Con le mani premute sul cavo della bocca, emette un fiato che spera arrivi fino ai piantoni stipati oltre i gradini prima dell’ingresso, tanta era la folla in origine. Tornate quando l’ordine sarà ripristinato, ed il vizio corretto. Tornate quando l’onta del tempo passato sarà stata lavata. Nel frattempo pensate al futuro, ognora e sempre, che questi scapestrati artisti maledetti con il piede perennemente nella calce del tempo imperfetto li raddrizzeremo noi, potete giurarci. Tesi come un fuso.

l’indomani si sparge la voce che la prima libreria del vecchio corso abbia chiuso i battenti

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