(capitolo quarantacinquesimo) E GLI AVOCADO SPARIRONO NEL GIRO DI UNA NOTTE

Stasera è Sasà che gira tra i tavoli e ci sarà lo spettacolo del barman acrobatico Gimmi. L’architetto è contrariato.  Alticcio con larghi gesti d’insofferenza, mi invita a sedere. Amanda è andata via. Stamattina l’ha vista al balcone. Di traverso, dal marciapiede, dove pro forma controllava cassonetti e chiusini. Amanda, passi corti nel terrazzino, la camicia da notte svolazzava bianca tra la ringhiera nera, con voce allegra telefonava. Pablo abbaiava.  Mezz’ora dopo è arrivato un furgone,  tre scatoloni messi giù col paranco, poi un taxi e lei è scesa, jeans tacchi giubbino con un roller. – Fugge? – le ha quasi gridato. Per tutta risposta lei gli ha lanciato un bacio col palmo della mano. – Il saluto delle dive – Dopo la partenza del taxi e del furgone Pablo è sceso, una pipi veloce e se ne è andato. Stasera nei narghilè tabacco dolce egiziano. L’architetto si è fiondato qui allo Zenit nella speranza di incontrarla e invece c’è Sasà e sta per entrare Gimmi barman acrobatico. Bicchiere, pinza, gomito e di nuovo bicchiere passando per la schiena a ponte. Gimmi inizia veloce. All’architetto non gliene importa nulla. A tratti tre ragazze improvvisano piccoli passi di danza e il pipistrello stampigliato in nero su i gonnellini verdi sussulta. Sasà ordina tre negroni. E’ stato lui a chiamarmi ma non mi aspettavo di trovarlo così sfiduciato. Quasi trema. Non so se sia il caso, ma si, gli mostro le fotocopie dei disegni. Prende l’album lo gira nel verso giusto, apre e guarda le fotocopie, una per una, avanti e il retro, con indifferenza,  ricompone i fogli uno sopra l’altro e li rimette dentro la copertina.

– Ha altro? –

– ho gli originali  –

Purpureo il negroni è servito con due schegge ghiaccio e  senza arancia. Accanto al mio album, nelle mani dell’Architetto si è materializzato un quaderno dalla copertina nera. Sasà sta dietro gli sfiora le tempie, il collo, come per caso gli massaggia gli omeri, sorniona. Ci sono le tre pipistrelline tra i tavoli e allora temporeggia decisa. Insiste come per accomodare la giacca sgualcita dell’architetto, la camicia sudata, sorride guardandomi mentre Gimmi allunga e accorcia il flusso del cannello storto e a strappo lo spezza a livello per il bicchiere. L’architetto fa tintinnare i cubetti di ghiaccio nel negroni si accorda un sorso, ancora un altro più generoso, risolve.

–  ne faccia quello che vuole, lo consegni agli interessati, a me non serve. Era nell’armadio recuperato dall’appartamento del pensionato. In un doppio fondo. All’interno qualche banconota in lire e questo quaderno –

Sfoglio: nomi indirizzi e numeri telefonici. In alcune pagine ampie campiture di colore coprono la scrittura in altre si trovano i disegni di precisione topografica di un territorio sconosciuto, 22 mappe per l’esattezza.  l’architetto continua: – guardi non me ne può fregare meno che niente. Prima di stamattina era giorni che non vedevo temo che sarà difficile rivederla. Amanda –

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