sul divano c’era un cagnolino e mi guardava. era nero nero come gli angoli dietro ai mobili ed odorava ancora d’uovo. era molto silenzioso e perciò capii che, in realtà, era sul nostro divano da sempre ed io me n’ero accorto solo in quel momento. trovai strano che stesse sempre zitto ma pensai che, in fondo, tutti i cuccioli nascono con gli occhi attappati: questo qui, semplicemente, era nato con la bocca chiusa e doveva ancora imparare ad aprirla. avevamo anche un altro cane più grande che lo picchiava e lo voleva sempre uccidere, come si fa coi bambini piccoli. un giorno che stavo passeggiando dentro casa sentii un boato lungo come una muta, però non nel senso di una metamorfosi ma come tanti cani tutti insieme, ed era il cagnolino che aveva iniziato a parlare e la voce gli usciva come l’acqua da una bottiglia, ed io ero contento per lui perché adesso finalmente non si faceva più uccidere. quello stesso suono l’ho riascoltato anni dopo, la prima volta che lei mi ha odiato: le veniva da dentro la testa come un tuono che si divincola dal temporale, ed io non credevo possibile che dentro una ragazza potessero starci tutte quelle nuvole nere. lei aveva certi occhi e certe labbra che senza dubbio aveva preso dalla sua vita precedente, ed erano così belli che sembravano quasi umani.
SUL DIVANO C’ERA UN CAGNOLINO E MI GUARDAVA
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