ENTITA’

Farina gialla bramata nell’acqua calda che rimestando rapprende il 36, di anni in contumacia. A Bergamo alta questo l’odore del Teatro Sociale diroccato al vicolo Ghiacciaia. Allora immaginavo vi abitasse Artaud. Oggi mi faccio di semole e raffinati che agglutinano le mani su ogni fronte. Sbriciolano mezze parole dal palmo destro, altre le vorrei scrollare dai polpastrelli, ma impastando ritornano nel giogo. Sono sempre troppe quelle da sbrogliare; cassare la reverenza e già il camminare in ente più volte ho espunto, ma l’estetica in losanghe epiteliali si è cimentata per male dire i nomi del distinguo. Quel tomato mai assaggiato, i colorini in sfioritura, le muffe propagate, i cieli in smottamento ne vogliono parole, ne pretendono. Ma come disperdere il sovrappiù rincasando la teglia senza residui sulle mani? La bambagia può essere lasciata ad altri, spostata, presa sul fatto a rubare nel sogno? Copenaghen per ora pied à terre, l’aereo lo sento lontano, nel vuoto forare un cielo.

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