POLAROID

 

La strada affianca intermittente basilico ed assenzio, l’angolo rossosole macchia il verde; capelli bagnati, capelli nel verde. Alì, coltiva un orto in barca e viene dall’ansa verso riva vendendo peperoncino.

All’ombra inchiostro, semi, li-belle-lucci e pollini. Nel mezzo, pellicola, nel mezzo; acqua.

All’ombra, scura la bacca di frondosa semicroma e dentro la chioma; aria.

Batticuore? ma nessun rumore, appena una cipria di sassi frantumati va!

Da qui, più sentita che vista, per moti d’onda s’evapora e svelle la gonna tra zampe e rane.

Altrove bacia la frase, la piega nel posto di fragole inedite, per dire:

“lasciami il numero, il sito, che possa ritornare papiro, l’oroscopo di’ parole composte nel rastremare, lasciami andare!”.

Premuta a fondo la frizione Alì il remo incaglia e tra l’amalgama di sabbia-vela tira su veroossimori in copia originale; plastiche vive, occhiali miopi, pesci annegati, ossa di ragno in quantità. La nassa gigante sciacqua in bocca di ginestra e due tre ossicini, riconosciuti astragali, lanciati al largo dalla coda della trota in variazioni iridee, l’onda riprende senza risacca. Scatto una foto piccolo formato,

per una pagina manuzia, levata l’ancora controcorrente vado, senza vocali; tnrrcrtnc.

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