IL CENTESIMO

Tornato dall’oltretomba l’ex confratello si ferma a una stazione del tram della zona periferica est. Con quanta più discrezione possibile dopo un paio di colpetti di tosse scuote la polvere che lo ricopre da quando è stato inumato e si guarda intorno. Saranno le otto, otto e un quarto di sera, e il gabbiotto, tranne che all’angolo lato mare dove ci sono un uomo in tuta e una giovane, è sostanzialmente vuoto. L’ex confratello difatti, per quanto si scuota o cerchi se stesso nei vetri della fermata, non ha più un vero corpo né una faccia, non, almeno, come lui o noi ancora li immaginiamo secondo la nostra esperienza. Tant’è che la polvere che sta scuotendo non va, obbedendo alla forza centrifuga, in direzione esterna a lui stesso ma cade verso l’interno per forza centripeta. E anche il processo secondo cui nella morte lui abbia assunto le proprie facce anteriori si è già concluso. Adesso, ammesso che questa immagine sia un adesso, è niente di tutto questo. Con l’aggravante che neanche l’uomo in tuta e la ragazza riescono a specchiarsi, e il centesimo caduto dalla tasca dell’autista rotola cocciutamente in contropendenza.

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