RITORNO (Capitolo Secondo)

Del suo arrivo si informò per circolare.

Il sistema non prevede gradi, né giudizio alcuno, solo inchieste interne con rendicontazione diretta all’imputato, che non può sottrarsi alle misure, a meno che non sia un larghissimo, per la cui categoria vengono immaginate gite in barca.
Le domande sono ora esaminate, ora trasformate in preziosi origami, altre volte sottoposte a pastelli colorati, privati della memoria.
La pubblicazione in gazzetta è un traguardo, una bicicletta senza gomme, un treno che sbuffa festoso prima di entrare in aula.
Apo introduce meccanismi nuovi.
Tesse le frazzate, argina le analogie, indicando come via preferenziale la dismissione lenta, che taluni scambiano per politica del disimpegno, altri, senza pensarci, si aggregano sul tetto ad invocare la befana.
Pollock è di famiglia.
Aspetta di registrare una tempesta vetro.
Apre i chiusini, ripulisce le budella del palazzo, ripristina l’odore dell’argilla, facilita il percorso del genius, sul quale già progettano gli utenti di madrigare il vento, scoprire gli smalti, le fornaci interrate, dalle quali risalgono sensualità scordate, indifferenti ad ogni scuola di design, sensibili solo al riflesso dello schermo blu, al fascio di capelli addormentato.
Il mare riveste il paesaggio.
Un colpo, e d’ala.
Una panoramica veloce, la camera sul tappeto rullante prende le facce oblique, le mani chiuse, scorre su tessuti abitati da panorami oltremare, colline azzurre, disponibili a tettoniche di ritorno, dove le case riemergono, gli alberi riconquistano posizioni, e le virtualità virtuose reclamano spazi nelle scale dalle cento catene.
I miei antenati agrimensori acquarellano le proprietà.
Altri se le fumano.
Vetrificare i passaggi.
Verificare i paesaggi.

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