TENTO DA 5 MILIONI DI ANNI

I miei clienti mi conoscevano bene. Per questo venivano numerosi, e con abbondante anticipo. Pagavano bei soldoni l’unico quadro che usciva dopo una vita intera. Il titolo era sempre lo stesso, Una natura morta, i miei clienti lo sapevano bene, ma anche il risultato era inequivocabilmente lo stesso: un autoritratto. Il mio, s’intende. (Sapevano bene anche questo, per questo venivano numerosi). Avevo10.500 anni e vivevo nei pozzi di bitume di Los Angeles, dove ho battuto la tigre dai denti a sciabola. Cent’anni dopo ero solo polvere raggrumata, e un brandello di pelle nerastra, ma nel ‘32 coltivai con successo grandi estensioni di papaya in Brasile. Le rughe che segnano la mia disfatta, qui, le ho conquistate a Zama, sotto Publio Cornelio Scipione, detto Africano, e quest’osso è il solo a essermi rimasto, una scheggia dell’occipite fracassatomi durante un abbordaggio a Mompracem. A Stalingrado sono stato un ballerino, ma vissi anche alla corte fiorentina da castrato. Osservate. Facendo sempre la stessa cosa, dicono sia impossibile ottenere un risultato diverso, non crederete a niente di più falso: una minima variazione di gravità basta già a rendere l’uomo infecondo. Io provo da cinque milioni di anni a dipingere una natura morta ma ogni volta il risultato è una mia faccia diversa. Qui peso 130 chili, in quell’altro sono padre di sette figli. I miei clienti vengono numerosi, amano molto i miei quadri. Qui, mentre corro a New York, Central Park, anno ‘77. Preso nell’attimo in cui, chiaramente, la mia faccia presagisce un diluvio.  

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