QUEL CHE VEDE ANNAZELDA

Annazelda vede le persone che non esistono. Ci va a ballare, ci va a cena. Vede come sono vestite, se hanno capelli lunghi, se battono con la mano sul tavolo, se fanno smorfie con le labbra.
Ma vede anche quelle che esistono poco o che esistono male o che esistono solo nella mente degli altri. Queste le vede di sbieco, le inquadra di profilo, e se sono di sesso femminile le osserva mentre mordono croissant, le unghie pittate di rosso, e sognano un amante marinaio. Vede le persone che esisteranno, prima o poi. Le aspetta nelle metropolitane di Londra, pronta a chiedere spiegazioni, pronta ad accoglierle con una stretta di mano. E vede le persone che esistono negli appena, che esistono nei quasi. Quelle pensa siano le migliori, perché non indossano mai vestiti. O vede quelle che forse esistevano sino a un momento fa, ma ormai. Dissolte. Le vede riflesse nei vetri, che hanno dita trasparenti e bevono tequila col sale. In quanto a lei. In quanto a lei, Annazelda, non può saperlo; non può sapere se esiste, se esisteva, se esisterà; o se non mai.

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