(L’OCCHIAIA. 22.) di Elio Coniglio

   Fa freddo, un freddo cane, polare: quando raggiungiamo la villa comunale dalla barba cotonosa di Gaetano pendono tintinnando lunghi ghiaccioli e tremule nuvolette di fiato stazionano davanti ai volti intorpiditi d’entrambi. Non un’anima viva nei vialetti alberati! Ma giusto mentre passiamo accanto ad una vasca di pietra al centro della quale, alta sul pelo increspato dell’acqua c’è una fascinosa ninfa di metallo grigiastro dalle cui labbra sgorga un cinguettante zampillo, Qualcuno, a pochi passi da noi, bloccato in una posa che rasenta il grottesco, ci fissa e ci urla contro un irritante fiume di parole. Fulmineo, Gaetano infila un braccio nell’acqua gelata, un solo istante dopo lo tira fuori e tappa con il grosso sasso che tiene stretto tra le dita della mano questa bocca irriverente….                                                                                                      

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