Pioggia che anneri l’asfalto, sdrucciola sui dossi, macchia la terra battuta,
dilava la collina. Impreca lo scroscio e s’accapiglia fino al lago artificiale, il
deposito della raccolta piovana, la bocca spalancata al bacino idroelettrico
che sporca di cemento la vegetazione. Sotto le campate, la sabbia ferrosa
frana e t’affossa. Se avanzi, anche di poco, l’acqua t’ingoia, ferma di alghe e
capelli che fluttuano liquidi, il risucchio t’avvolge, il fondale trattiene.
Superata la gola buia, lusinga la linea delle colline, la severità dei tronchi, il
silenzio che sfiata dalla bocca di una galleria, nel nero del carbone, nella
ruggine delle traversine.
LAGO ARTIFICIALE
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