da il karmelo (1976) (definizione che il colonizzato da di sé)

la definizione che il colonizzato da di sè. abbandonato a se stesso. – senza qualcuno che venga e lo osservi mentre si sta dando da fare.  – privato di vanità. costretto a lavarsi da se le calze, le mu­tande. – senza telefono a portata di mano. con le serrande che non chiudono bene. circuito da spifferi silenziosi e velenosi. pri­vato di sanità. inutilmente privato. – la definizione che attraversa, non vista, la strada, sale i gra­dini, striscia sotto la porta, entra nella casa, comincia a lie­vitare, si spande. raggiunge il colonizzato in cucina, rag­giunge l’aroma del caffé bollente, precipita condensandosi, traversando papille, metabolizzando il concetto di ‘cafè-so­ciety’, nella sinapse che già sta li, diva­ricata, ad attenderla.

 

il colonizzato contempla le colonie. è distaccato, solenne. la mattinata di sole semina pulviscolo sul dorso delle mani che stanno lavando la tazza. – la vista del colonizzato procede lenta, regale, nulla interferi­sce. polvere e polveriera. ma non se ne fa nulla. nessuna de­scrizione. nessuna definizione. è purificata retorica. cam­mina senza scuoterla sulla foglia dell’albero. si condensa. precipita senza mu­tarne anatomia e funzioni, nella foglia, si ricava l’albero. copre, senza capitalizzarle, le di­stanze che hanno condotto all’albero. enormi.

 

il colonizzato è privato di stanchezza. l’intera progenie è già tutta data. si accende una sigaretta. finisce di vestirsi. s’af­faccia un attimo al balcone. esamina piazza massimo. ac­cetta ogni traffico. entra chiude. va alla porta. esce. scende i gradini. – arriva puntuale. – mi firma. – non posso più seguirli, lui e la sua definizione.

 

– uomo in piazza duomo.

– scippo con modella.

– il fotoreporter, sfogliando l’inventario, ride.

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