GIALLEAU

Il settecento francese, lo si saprà, fu un formicaio di innovazioni politiche, scientifiche, intellettuali che vide la nascita del movimento di riforma dei saperi chiamato Illuminismo. Nelle parole di Kant, esso è “l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità che è da imputare a lui stesso (cioè a Kant, ndr). Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro.” Un’enorme pletora di scrittori, filosofi, saggisti, naturalisti, politici, rivoluzionari si spese in quegli anni per  far avanzare in modi sempre nuovi il patrimonio conoscitivo dell’Europa pubblicando pamphlet, dissertazioni, enciclopedie, romanzi e quant’altro. Nella folla di coloro che ebbero a mangiare una fetta della grandissima torta che fu quell’epoca di fermento, Gialleau (1705 – 1776) rimase a bocca asciutta. Eminenza trasparente dell’ideologia giacobina fu troppo rivoluzionario per venir riconosciuto dai rivoluzionari, troppo moderato per i moderati e troppo puzzolente per averlo intorno. Vagabondò per le corti d’Europa lavorando come precettore e scrisse soprattutto romanzetti erotici per regine e principesse. Il benessere economico che ne derivò gli consentì di stampare e pubblicare da sé due opere più speculative, il trattato di pedagogia dal titolo Il porcile e quello di filosofia politica Il conato 7sociale. Nel primo argomenta come le convenzioni sociali corrotte dei raggruppamenti umani organizzati, come star seduti o mangiare con la bocca chiusa, facciano violenza alla libertà del pargolo trasformandolo in un ingranaggio di quella stessa società che ne opprime l’espressione sincera. Poiché tutti gli adulti e i maestri fanno già parte della macchina istituzionale, propone che per salvaguardare il candore del bambino esso vada gettato nel porcile con i maiali, che si occuperanno di farne un giovane ribelle libero da preconcetti e pregiudizi di sorta. Sensibilità fortemente pratica, pare testasse egli stesso l’efficacia educativa dei porci rotolandosi nel fango insieme a loro e passando lunghe giornate a cercare di apprenderne il linguaggio – per questo si dice che puzzasse tanto. Nel Conato sociale vengono sostanzialmente radicalizzate le idee del contemporaneo Jean-Jacques Rousseau, che incontrò spesso nel suo vagabondare e con cui venne anche alle mani. Se per Rousseau l’ingiustizia prima e madre di tutte le altre fu il recintare un lembo di terra e dichiararne la proprietà privata e congiuntamente il non ribellarsi di chi aveva assistito alla scena, per Gialleau il crimine fu la posizione eretta. Viene esaltato lo stadio quadrupede dell’evoluzione, garanzia di libertà ed eguaglianza, e l’alzarsi in piedi descritto come un crimine contro la gobbità originaria e pacifica delle scimmie antropomorfe. Per assurde che possano sembrare le sue tesi, fu rivoluzionario impegnato e coerente fino al midollo con il suo irrazionalismo. Combatté per i comunardi, per i realisti, per i repubblicani, per i giacobini, per i tedeschi e per i francesi. Finché visse non ci fu conflitto in Europa nel quale non abbia combattuto dall’una o da entrambe le parti, per puro spirito di distruzione delle strutture rigide della società borghese. Perennemente sbalzato da una battaglia all’altra, da un romanzo rosa ad un pamphlet, fu felice – ma mai quanto lo fu nei momenti che riservava al rivoltolarsi con i maiali.

 

dal Manuale di filosofia fantastica (Link, 2022)

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