Categorie estetiche VI: STRUTTURA

Quella volta erano le teste degli alberi parlanti. All’ingresso rami, foglie, teste di lupi, angoli di forme disgiunte restituite alla grazia dall’assenza di passi umani. Vola: l’elemento si trova su un piano sospeso rispetto alle cose. Su tutto, avvalora la tesi delle ossa cave, ma l’assenza di ali conferisce incompiutezza al volo. In qualche modo, osa. In qualche modo, incompiuto, sa di potersi compiere secondo tracciati non prevedibili, rinnovando lo stupore. Se stupisce, è per involontarietà, struttura. Ci sono figure che amano, del bosco, l’inaccessibile, quei punti di fuga non delineati, ma conquistati, che se presenti, che se trovati, convergono su strade inadatte al passo, ma costruite sul volo. Non volano, ma sospese non ricadono al suolo. Il fermoimmagine restituisce l’idea dell’azzardo. La scienza vede, ma sospende il giudizio. Qualcuno urla, da un bar. La voce insiste e divulga l’impossibile mentre ormai corre di social in social. Se stupisce, è per involontarietà, struttura. Quella volta, allora, erano le teste degli alberi parlanti, forme di rami che cadono, foglie, teste di lupi dagli angoli levigati: su tutto, certi momenti in cui la luce incide su alcuni punti di verde metallizzato, da cui proietta ombre sospese anch’esse nel vuoto.

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