I NUVOLANDESI

Erone Cretese riporta nei suoi diari di viaggio il bizzarro e breve soggiorno tra i Nuvolandesi. Producendosi il caso che volle al contempo Erone peregrino per le più alte vette dei Monti Balcani e gli strati del cielo particolarmente supini sui picchi, l’esploratore venne in contatto con gli abitanti delle nuvole. Leggeri e generalmente privi di piedi (che altrimenti affonderebbero nell’impalpabile appoggio trascinandosi dietro lo sfortunato fin per terra), questi curiosi indigeni colpiscono l’antropologo per la noncuranza con cui conducono la propria esistenza, tutta fatta di saltelli fisici, semantici, fantastici, improntati all’improvvisazione e all’imprevidenza. La loro lingua, più che per comunicare informazioni e comprendersi, pare costruita per facilitare le divagazioni, l’immaginazione e la confusione. Similmente, il loro sistema di numerazione, anziché per contare, sembra piuttosto atto a misinterpretare le figure geometriche, imbrogliarle, figurarsene di nuove. Quando le nuvole s’impregnano troppo d’umidità, vuoi per la pipì o per coalescenza, rendendo il suolo pesante sotto la loro assenza di piedi, i Nuvolandesi si spendono in confuse danze della secchezza per impietosire i loro dei rarefatti e liberare il gravo sulle teste dei dannati. Nella loro strampalata cosmografia infatti, il mondo di sotto è destinato ai demoni ingannatori che seducono l’uomo con promesse d’inverosimili futuri da costruirsi rinunciando all’estasi dell’attimo e del caos, con pianificazioni ed economie e finanze, e ai penitenti che un tempo son cascati nel tranello e, conseguentemente, giù per terra. Questi, inconsapevoli e goderecci, alzano le braccia al cielo e ringraziano un qualche altro dio per aver rinfrescato una calda giornata d’estate.

 

 

(da FRAMMENTI DI UN’ANTROPOLOGIA FANTASTICA)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

IN GARAGE
Grazie a certe palpebre artificiali che mi hanno impiantato, posso non vedere quello che gli altri vedono. In garage ho Read more.
INNESTI
Erano all’incirca gli anni ottanta e avevamo appena finito di piantare l’ultimo filare di fenicotteri. In meno di un mese Read more.
LE POLTRONE CHE INDOSSAVO PER DORMIRE
le poltrone che indossavo per dormire per fare finta di essere grande dovevano sembrare un po’ infantili all’epoca. ho sognato Read more.
Accampamento 2 – La rendicontazione
Non capita spesso, soltanto forse alla località fornaci, di vedere la stalla illuminata, dove la strada va in doppia curva Read more.
46
Vedi come tutto ha fine? Cadere dal respiro – a metà lungo un viale, le rose di maggio l’attimo imperfetto Read more.
da I GIORNI QUANTI (61)
Tre ragazze al mare. Saranno due ma io, confusamente, ne conto tre. Tre ragazze che stamattina sono partite per il Read more.
MEZZA ESTATE
quando a inizio estate il corpo malato del mondo esala odore d’acqua sfatta il cimitero è il luogo migliore per Read more.
STASERA A CENA 07/ —.; 051
Senza capelli ti ho rivista e senza labbra   Verso Berlino andavi, Read more.
I Rabbini di Oria e non soltanto (Rabbi Shelomoh)
Di Rabbi Shelomoh che passò la lunga sua vecchiaia coi piedi sepolti nella terra siccitosa d’un antichissimo oliveto. Radici gli Read more.