LE CANTINE DI LISBONA

Roberto Bolaño lavora come custode in un campeggio: deve coprire i turni di notte e
durante le veglie forzate scrive i suoi romanzi.
Franz Kafka lavora come impiegato per una compagnia d’assicurazioni: il silenzio
notturno della casa e della città gli permettono di scrivere i suoi romanzi.
Di notte scendo nella cantina del fabbricato in cui abito: non ho bisogno di accendere
la luce perché basta quella che filtra dal finestrone a livello stradale.
Kafka e Bolaño mi salutano con un gesto della mano.
Mes amis, dico loro, nous, les chiens romantiques, nous allons écouter maintenant
l’Allegretto de la Septième – è la parola d’ordine concordata da tempo tra di noi:
Bolaño solleva l‘indice e il medio tra i quali regge la sigaretta accesa (è il suo gesto
d’assenso), Kafka preme il tasto del mangianastri portatile. Dopo l’Allegretto
converseremo per tutta la notte.
Perché Lisbona è, a livello stradale, un collassare dello spaziotempo, un vortice
d’improbabilissime, incongrue coincidenze.

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