A BES

a Bes ci andai per cercare il posto dove il mio predicatore preferito fece il suo primo discorso.

La prima cosa che  mi colpì fu i tanti ragazzi e uomini giovani che camminavano nelle strade che andavano al grande fiume o nei paraggi, in tutte le ore del giorno e anche la notte, in tutte le direzioni camminavano di solito in piccoli gruppi, anche da soli, a volte gridavano per farsi largo, decisi per andare da qualche parte però senza fretta particolare e senza borsa, qualcuno in bicicletta, vestiti leggeri perchè lì è sempre caldo. Mi chiedevo, dove vanno, così tanti così decisi, più ci si avvicinava al fiume più le strade erano piene di gente e mendicanti e poche automobili, oppure quei mezzi a tre  ruote che da noi si chiamavano Ape.

Poi altri, sempre uomini e giovani, stavano fermi ai banchi che offrivano da bere ai passanti a chiacchierare e guardare la gente e passavano il tempo così.

Di recente mi sono chiesto se quel modo di passare le giornate non fosse di Bes, ma semplicemente dei tre quarti del mondo, che io, novizio viaggiatore, non conoscevo.

Di me stesso lì potrei dire, una consumata gioia di vivere tra i vicoli gli animali, donne sedute ai gradini spazi privati agli ingressi delimitati da centimetri, insuperabili se non a proprio rischio. Una violenza invisibile che solo pochissime volte veniva fuori, come una rissa tra tassisti feroce. Una libreria a cercare le poesie del posto. Un americano con la camera al collo, enorme, invadente, lo sguardo avido.

Dissolversi nell’aria. Un tipo tra i tanti che si offrì come guida mi convinse per il modo gentile e serio, e decisamente economico rispetto alle guide professioniste. Andammo a vedere diversi templi di cui uno segreto, dovemmmo passare sotto i metal detector in una via che ci entravano a malapena due passanti per volta, c’era centinaia di persone in fila, ma noi passammo subito. Tanti inchini e tante offerte per toccare gli dei, ricevere benedizioni, spruzzi di acqua santa eccetera, una strana mescolanza di fede e commercio, strana per me. Andammo anche da  un oracolo, che voleva leggermi il futuro, rifiutai e non per il prezzo, mi fece vedere la foto dedica di Vladimir Luxuria che era stata da lui. Poi andammo dove cremano i cadaveri secondo il rituale antico, c’era molta polvere e cenere nell’aria, cenere dei morti. Il racconto che mi impressionò era dei morti senza diritto alla cremazione rituale, per vari motivi, donne incinte, gente colpevole di qualcosa eccetera, venivano gettati così nel fiume.

L’albergatore organizzò una gita sul fiume, lui e la sua figlioccia, arrivammo all’altra riva, deserta per qualche maledizione che scoraggiava la costruzione, da millenni. Una riva sovraffollata, l’altra riva deserta. Sassi, sassi, polvere e cenere.

Di notte era un vociare di cani e voci dal fiume, un vociare spezzato, si fermava e riprendeva. Erano voci di gruppi, o ragazzi, preghiere o canti e schiamazzi e cani, sempre cani, rumori a ondate e poi silenzio, il vociare spezzato della notte di Bes.

Quando ho visto il fiume di Bes ho ricordato quanto disse uno a un gruppo di self help, il leader col barbone,  a proposito di qualcosa che voleva essere conosciuto, e che però in fondo era preferibile che restasse sconosciuto, disse il grande fiume del dolore, dei villaggi, con un trasporto che mi sorprese, lui il leader barbuto. E così quando sono andato al fiume di Bes, torbido e pieno di ragazzini che giocavano e di cadaveri e gente che si bagnava per purificarsi, ecco quello era il grande fiume torbido del dolore, che scorre tra i villaggi, in un tempo veramente incalcolabile, tale che non è più tempo, ma pura vitalità, immaginazione.

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