UNA CIRCONFERENZA (II)

Forse l’universo ha l’età di uno sparo, il resto non sono che frastuoni, echi, rumori di fondo, cerchi, ganci, montanti, avambracci a flusso d’acqua, neko ashi dachi, bagliori, sonagli per incanto. Per ultime avanzano le foglie, decrepite e dorate quanto basta per deragliare la luce. Forse uno sparo ha l’età dell’universo, il resto non sono che ammanchi, salti, circonferenze, ipostasi, dettagli apotropaici, formule, indici di regressione. La mano, dice, è il prodotto del lavoro. Semplifica: abilitare il comando di guerriglia semiologica. Continuare a tacere, sparare all’ottocento. Positivisti, nichilisti, ancora tempeste di spirito del tempo. O l’assoluto. Sparare all’ottocento. Furono all’inizio i cardini a farsi spazio, o assenza, a liberare aria alle porte. Forse l’universo ha l’età di ogni albero. Una cinepresa, una circonferenza, una cascata, una diga, carrelli, gru, tram, auto, lamiere, fabbriche, capannoni abbandonati, una circonferenza, gru, camion, termosifoni, treni.  La mano, dice, è il prodotto del lavoro. Semplifica: abilitare il comando di guerriglia semiologica. Non abbiamo sparato abbastanza sull’ottocento. Per questa decisione omettono, occorre la pellicola, un rinnovamento di distorsioni, alzano il rumore. Danzano nel vuoto. Sono superfici digitali, proseguono, a volte scivolano più spesso tacciono, inventano soluzioni, è primavera, ripongono le immagini nella stiva e coltivano. Confidano nell’eleganza del gesto, non attendono risultati, ripetono: infocare i dati. Il movimento, la rotazione, la materia, ancora lo spazio senza geometria dei cieli. Rifarsi tempesta, nel canto. Tu davi i nomi alle cose, io scambiavo parole coi gesti. A me non bastavano i suoni affiorati dall’esplosione. Tu che affili la roccia, sei nel peso del mondo.

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