(capitolo trentaquattresimo) E GLI AVOCADO SPARIRONO NEL GIRO DI UNA NOTTE

Da Pesce all’amo troviamo l’architetto. Curioso, gratificato dalla presenza di Piera, non sente ragioni, ci vuole con lui.  Cerco di dissuaderlo, dobbiamo incontrare persone. Insiste, si farà da parte al momento opportuno. Ci sediamo al suo tavolo.

Ordiniamo tagliolini allo scoglio, verdure grigliate e un litro di vino bianco della casa. Dopo pochi sorsi, il vino si rivela scarso. L’architetto guarda intorno, fissa la bottiglia dei nostri vicini di tavolo e a gesti li invita a fare cambio col nostro. I due giovani rifiutano divertiti. Lui robusto capelli a spazzola biondi, lei capelli corvini e zigomi alti, di Malta, non parlano italiano ma lo capiscono. Al cameriere che porta loro un vassoio di pesci e calamari fritti chiediamo di mettere via il vino della casa e di sostituirlo con una bottiglia di bianco buono. Il cameriere toglie brocca e bicchieri, i maltesi si dividono i pesci nei rispettivi piatti, l’architetto li fissa. Una piccola triglia dorata, tanto per assaggiare non ci starebbe male. Con mimica di meraviglia, cercando intesa con gli occhi, indica alternativamente un pesce fritto e il nostro tavolo. Poi lento si stende e deciso fa scivolare una triglia dal vassoio dei vicini nel suo piatto. I maltesi lasciano fare immobili. Arrivano i primi e il vino. Il cameriere stappa la bottiglia ne versa un dito nel mio bicchiere.  Agito, annuso bevo con gusto e do l’assenso. Concludo il  giro dei bicchieri. Accenniamo un brindisi.  Piera cucchiaio e forchetta attacca i tagliolini, la seguo con la sola forchetta. L’architetto, si versa altro vino e alzandosi brinda solenne ai vicini, lascia intendere, con ampio gesto della sinistra, che la loro generosità sarà ricompensata.

– Cosa desiderate veramente? –

– money –

Dice senza esitare il biondo. L’architetto si siede. Con delicata attenzione, coltello a spatola, sposta la pelle dorata del pesce che ha nel suo piatto:

– e che te ne fai dei soldi?-

– everything I wanted –

– Devi crederci veramente! –

insiste  e continua con tono grave:

– Il futuro è nella pancia del pesce anche i soldi e a volerli veramente scorrono chiari lungo la lisca. –

il maltese va in bagno. L’architetto si alza e inizia a parlare nell’orecchio della ragazza che lo ascolta curiosa.

– Ma che le sta dicendo? –

chiede Piera. E lui voltandosi dalla nostra parte, senza staccarsi dalla ragazza:

– per ora deve accontentarsi di una cenetta, poi chissà… –

La ragazza ride.

Torna il maltese. Temo per le possibili reazioni. Il giovanotto non sembra far caso alla situazione. Sa il fatto suo, ordina un trancio di torta alle mele da dividere con la compagna. L’architetto si siede e finisce di sbocconcellare il pesce alternato a generose forchettate di pasta. Assaggia le verdure grigliate e rifiuta il dessert proposto dal cameriere, torta di mele.

– e tipi che aspettavate? –

– non si sono fatti vivi – rispondo

– presto per dirlo –

Si alza, va a pagare il conto. Dalla scansia di sala prende una bottiglia e due bicchieri. Li posa sul tavolo dei maltesi. – Offerto dalla casa – I due continuano a parlare.

– Amaro fatto in casa, good! – insiste, ma non lo ascoltano. Si sposta al nostro tavolo. – sono sessanta euro – Piera da  la quota, io la mia. La ricevuta fiscale rimane a lui. Niente mancia. Usciamo. Buio, i lampioni riverberano sulle balate, siamo tutti e tre a piedi. L’architetto vorrebbe passare da Sasà che balla allo Zenit, o forse c’è Amanda che canta. Non se ne parla nemmeno. Piera è stanca. Vado a casa.

L’ascensore è fermo a pianterreno sotto livello, bloccato. Nella cabina una luce è accesa l’altra è fulminata. Do un’occhiata. Accanto allo specchio l’imbottitura è sventrata. Nel grande pannello di formica tre giapponesi si guardano di sbieco con gli occhi quasi chiusi. Tra graffi, buchi e bruciature, le mani che affiorano dalle pieghe dei chimoni sembrano esorcizzare il peggio con le corna.

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