da ABITUDINE E POESIA – 27.6.95

che cosa sia l’abitudine

è una curiosità che non osa accostarsi alla pancia vulcanica del mio intellettualissimo rosario portiere panciutello sui quaranta stempiato tempestoso fumatore di luke di contrabbando ex barbiere con moglie sciacqua­ta sibaritica madre di una ragazza stupefacente di capelli di natiche e di capacità di lavoro e di un bamboccetto sui 6/7 anni che armi alle mani guida tutti i coetanei del condominio verso crociate sterminative di presenze su cui é preferibile non indagare

l’abitudine dell’occhio mi borbotta rosario con un ammicco che non decifro è quella di guardare ma io per il mio mestiere mi faccio un obbligo di non guardare con gli occhi e neppure con gli orecchi  fumo e questo mi aiuta

mentre ancora sto li a rimasticarmi la guardata con gli orecchi che chissàcome mi spiaccica nella memoria pascal e montaigne

mentre perciò la francia mi si allarga dentro fino ai linguetici quasi miei contem­poranei e così mi cade tra le braccia il non francese austin

scivolando di tacco posteriore e palmi di mani in  una parigi plumbale e dunque come vene-zia tutta abitudinale

stento ovviamente a porgere a rosario la banconota delle buone feste e rosario perciò aveva già rinfoderato la sua mano

ma volentieri  stavo dicendo prendo un gelato alla nocciola che però non c’è sul ripiano verde e nero di plastica e gomma della cassa

mi giro mi guardo qua e su in un bagno di neon sovrabbondante spumoso con una quantità di donne indicativa della mia strimin -zita

ricomincio ad ascoltare con gli orecchi parole che danno il peso specifico di cose precise e interazioni numerarie che fiocinano distanze varia­bili tra quei pesi quelle cose e tutte queste presenze che strattonano il mio respiro immediato

insomma non é sempre ugualmente praticabile l’acciottolato che connota sempre la presenza della continuità del tema

anche se quasi sempre giova alla pianta del piede alla ela­sticità degli ossicini e alla scattività dei pesci fibrosi

oggi ora totalmente preso dall’esserci automotorio delle pro­posizioni e nient’affatto gradendo il servizio l’unica sod­disfazione che scorgo è quella dell’improvviso e provvidente ricordo di quanti si reggono con la penna o la tastiera sotto­mano invocando l’esser presi dall’intraprendenza proporzionesca delle parole

pseudometafore

indicano la banda d’oscillazione tra immedia­to percorso e presenza divaricante

presenza divaricante e d’incerta apparenza per esempio ALA

parte essenziale dell’esserci dell’uccello e del volare

co­perta di penne

foderata appendice

centro

dipendenza indipendente

eccetera

si può anche isolare un campo di indicazioni che spiegano la funzione della pseudo-metafora

che sarebbe quella di esprimere la vocazione di tutte le parole scritte e parlate e dunque della lingua al mutamento incessante dei propri conno­tati

nel senso che la lingua non diviene e neppure si genera e ancora meno si trasforma

quando qui si dice ‘mutamento incessante’ la mia piccola amica petulante intende subito che l’area centrale di tale indicazione concerne l’as­senza non continua di responsabilità dell’esserci

perché 1’esserci appunto non è continuo e quando è non è neces­sariamente necessitato

sicché le parole e la lingua occupano il loro spazio che non è del tutto coincidente al nostro

con modalità di movimento (e proprio di ‘presentificazione’- santocielo) così diverse da quelle da noi praticate sperimentate inafferrate che è proprio un errore indicarle con le parole ‘modalità’ e ‘movi­mento’

allora siccome è frequentissimo l’abuso consapevole di tali ‘errori’ è legittimo supporre che sia la stessa innata incontinenza delle parole a generare tanti e tali disguidi di descrizione e di ingerenza

e che proprio nell’area di queste connessioni affiori quasi per una carità verso il ns impaziente sensorio l’esserci della pseudo-metafora

che vorrebbe perciò suggerirci quanto e come fragile sia la natura percettibile della parola e quanto e come munifico-per-fragili­tà sia il percorso spaziale della lingua

così confesso a mio cugino cillo che ho finalmente individuato la causa più prossima della mia diffidenza nei confronti della metafora

perché questa è quasi il contrario di quella della pseudometafora

da qui dunque potrei subito ricavarmi una bipartizione utile a spiegarmi perché rileggo con piacere un testo e perché abbandono un testo dopo averlo appena appena as­saggiato

sto parlando di testi ‘passati in giudicato’

diventati ‘classici’ della lettura e anche un po del pensare

perché poi l’intera questione non mi sfiorerebbe più di cosi se non fosse subito dopo l’ingresso la questione del pensare (che naturalmente non é affatto ‘questione’ – ma qui la metafora ha interrato radici così profonde tenaci e articolate che è meglio ridere e soffiarsi il naso)

filippo il cognato di eduardo che è padre di ignazio sostiene solo contro tutti i parenti prossimi che lui filippo pensa co­me parla e viceversa e filippo è un ciarlone risaputo

‘ciarlone’ sarebbe che parla quanto dove e come con notevole diciamo dismisura del quanto del dove e del come

come si traduce ciarlone in termini di attività del pensiero?

d’altrocanto pensare in termini di visione o di udito o assaporamento che sarebbe?

uno scultore è certo non pensa alla ‘maniera’ di un architetto e questo lo fa di certo in maniera assai diversa da quella di un narratore

lo ‘specifico’ c’è e opera anzitutto ‘dietro’ il fare che lo distingue e sta li a raccontarci le caratteristiche distintive del fare un istante prima che questo diventi professione

di filippo tutti i parenti apprezzano la ‘spontaneità’ ma soprattutto anche se non lo dicono la capacità di dire senza arrossire e senza esitare cose che eccetera

se anche giovanni che non ha alcuna professione facesse quello che fa filippo si sen­tirebbe molto meno che non sa fare nulla

perché infatti quel ciarlone di filippo non sa essere e fare altro ma ai parenti non da proprio l’idea di un perditempo inetto anzi

io carissima mariasanta mi fermerei qui con quest’accenno esemplificatorio sulla paeudo-metafora

volendo sottintendere che se un pittore pensasse anche alla maniera del pensare qualsiasi e non soltanto alla maniera del pittore che è sarebbe già un pittore diverso da quello che è

la sua pittura sarebbe altra pittura

lo schizomorfismo della sensazione istantanea non ricircola in continuazione in questi ambiti tra l’esserci e il perdersi-continuamente-interrotto

il rapidissimo invecchiamento della musica e della poesia novissime discende da una tale pulsazione im­prigionata

perso ogni contatto con lo spazio-erroneo il pensare professionale è continuamente sopraffatto dai dati cronistorici

il suo stesso essere uno specifico è soltanto specificità di quei dati

filippo avrebbe persino tentato di suggerirmi che noi chiamiamo storia una pseudome-tafora che sta per abbandonare i fatti e la lingua

ma per entrare in quale ‘segno’?

in quello delle budella al seguito dell’al-terazione di almeno un’abitudine della memoria

mio cugino paolo buonanima morto 49enne d’infarto non aveva alcuna considerazione di quei pochi ai quali era onestamente affezionato – la sua severissima educazione mentale si svolse in una cerchia di socialisti anticomunisti governativi cinici letteratissimi – lavoratore temerario polemista accorto trattava i soldi come fossero raggi gamma – a questo mio cu­gino paolo pensare serve poco e male se è soltanto pensare – vedi? mi mostrava i suoi forti bicipiti di chirurgo interrotto i muscoli servono ancora meno – e poi ancora nulla  nulla proprio nulla di quello che sappiamo di avere ci è propriamen­te utile – ci difendiamo da questa disgrazia facendoci le guerre e inventandoci malattie fisiche  ma poi anche ci piace par­lare e questo rovina irrimediabilmente tutte quelle micro-visioni che ci capitano ogni giorno e che ci trasportano quasi indenni da un giorno a quello successivo – pausa sospiro e poi

visto? in due minuti che carrettata ma tu sei un poeta e sai già ogni cosa

Lawrence Ferlinghetti ad amsterdam nel 1982 cardinale con copricapo e bacile

è largamente noto e notificato che il poeta sta al linguista come qualcosa sta al niente

ed è ugualmente rassodata la dicitura bassotirrenica  meglio niente che questo

sicché non solo il poeta continua ad essere scarto ben selezionato ma in tempi di selezione positronica è persino simbolo e sinonimo di cosa con dubbie caratteristiche di concretezza

il ns circostanziale ser austin la collocherebbe forse tra gli incidenti perlocutori

in effetti la poesia essendo ciò che fa nel lettore si posiziona molto a monte del pensare

aldilà dei vagiti della sensazione dove l’interazione inizia a perdurare in un terreno off-off su molti versanti e naturali e culturali e d’interzona

quale momento della ricapitolazione biologica possa contenerlo è esercizio tutto enigmistico

gli idiomi della poesia hanno sempre sociologisticamente una sorprendente inti-mità col silenzio psicologico individuale

e che cosa possa essere questo particolare silenzio è il tema del nostro improbabile dialoghetto d’ora

certo se dovessi seguire le indicazioni che nik frenetico mi mette sotto il naso dovrei affrontare qui di seguito sulla carta uno spazietto vuoto con qualche casuale sgorbio di penna

e questo però subito da il via a una asserzione secca che é  questo

il silenzio è una presenza altamente organizzata senza capo ne coda ne tronco bruscamente irriconoscibile in ogni sua parte e sempre straordinariamente prossimo a ogni idea data e possibile di si­lenzio

detto così somiglia parecchio al niente e al nulla ma assolve ad altri incarichi che fino ad oggi sono stati di pertinenza quasi monopolistica della musica della poesia e dell’istin­to

però insomma non mi piace molto il fatto che la poesia (visto cosa rimane di ogni poeta) debba sempre trascinare le parole e le proposizioni che la riguardano anche da molto lontano anche senza cipiglio smolecolarizzante verso zone dove parole e pro­posizioni perdono ogni diritto al minimo di consistenza per flottare come emblemi dell’umore istantaneo diffuso nello spazio

microdefinizioni dell’effimero

che è solo spazio

l’intimità della poesia col silenzio avrebbe infatti un’origine di natura diplomatica

ci racconta come erigere una gerarchia delle connessioni tra ‘cosa’ e ‘cosa’

come fabbricare la connessione medesima

e dove prendere i materiali

per fare tuttociò molto con discrezione ci suggerirebbe exempla del pensare concreto non nel senso che la poesia insegna a pensare ma proprio nel senso che la poesia rende percettibile l’anatomia e la strut­turazione del campo-di-confine tra ciò che é già scomparso e ciò che ancora non é

esattamente nel senso che l’origine del pensare contiene già matura l’inutilità dell’esserci del nome

nella mitologia australiana di chatwin cantare è dar vita al percorso e il percorso (autentica perlocuzione) é pienezza-nelle/delle-cose

alla poesia come a ogni plenipotenziario basta il saper-sorridere-fuori-del-tempo

a proposito dell’istinto la piccolettina del 7° piano correndo con un piede sul marciapiedi e l’altro sulla strada va sillabando a voce alta e musicale

                           la spò-sa é

                           la cò-sa é

                           la rò-sa é

                           la spò-sa é

                           la rò-sa è

                           la co-sa è

                           la spò-sa é

                           a-iò-sa é

                           eccéte-rà

la mia formazione é insulare e questo dovrebbe aiutare la mia sintassi

schidionare significati dovunque sia non-redditizio

un’isola nasce con la carriera già tutta attrezzata in un sacco sulla spalla

dalle storie e dalla cronaca non posso aspettarmi nulla

dai miei conterranei avrò certo il colpo-di-grazia

la mia formazione é anche subequatoriale e mediterranea

mi trovo quindi messo da parte con l’accanimento delle marce oceaniche più volte in una

continuo ad avere relazioni dispettose con la grammatica con la premeditazione coi luoghi della riconoscibilità retribuita

non ho alcuna sincerità da spen­dere non ho una moralità al capezzale

la mia età è sempre senza scadenza

come tanti dei miei condomini anche ragazzi sup­pongo a caso e improvviso con calma

e soprattutto la mia formazione isola o non isola é soltanto mia anche nel senso che é stata tagliata sulle mie misure con e senza il mio con­corso

la signorina flora ricercatrice di letteratura ispano-americana contemporanea mi significa con energica insistenza che potrebbe essere minimamente utile

ma qui mi guarda di traverso mi zittisce struscia la sua manica sulla mia mi da un bacetto e quindi svelta si eclissa nella canicola del mezzogiorno giugnesco e dunque non disponendo di appendici narrative erotiche ogni accenno eterodescrittivo permane nella fatale giurisdizione della pseudometafora dell’io lirico

ma questo non mi disturba anzi

perché per molti anni mi era sfuggito quanto fossero consanguinei l’io-lirico  e 1’io-escre-tore

Zimm volendo potrebbe una sera di queste onorare in maniera speciale il no­stro lungo sodalizio voyeristico elaborando una delle sue ricche cene nel segno del realismo dell’occhio sub-marino

perché zlmm é un cineasta-pesce che pensa all’improvviso e si vede

celebrare tra se e se le mura

al sole le impalcature di legno

dimenticato il ponte

mirabolante tra le due rive

il rimorso é l’avermi qui davanti

detesto ancora il selvaggio aspetto

come è vero dio taci che poi

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