Adesso che il mio corpo ha ripreso a funzionare, non sono più il letto 309, adesso sono Margherita Cairoli, la miracolata, l’incredibile caso sulla bocca di tutti, quello da sottoporre ad estenuanti interrogatori, da osservare così tanto da vicino che a volte mi manca l’aria e vorrei tornasse tutto come prima. Da quello che ho intuito, ho subito un trauma che ha causato danni irreversibili al cervello disconnettendolo dal corpo. A quanto pare, però, e qui entra in gioco il miracolo, sono il caso inspiegabile di una riconnessione tra corpo e cervello a dispetto dell’irreversibilità dei danni. Mi sento un fenomeno da baraccone e se penso ai momenti difficili, a tutte le volte in cui sono stata ignorata e trattata con distacco, m’infuoco di risentimento. So che non è facile avere a che fare con l’indefinibile, con i luoghi di confine che sfuggono alla ragione. Non lo è nemmeno per me che con quei luoghi ormai ci convivo. So che sono arrivata qui in fin di vita e mi hanno salvata, di questo sono grata. So che nelle emergenze è necessario occuparsi dell’indispensabile e l’indispensabile è un cuore che batte in un corpo che respira. Quello che non so è perché, superata la criticità, hanno continuato a occuparsi solo del mio battito e del mio respiro, arrogandosi il diritto di revocarmi la cittadinanza umana e di traghettarmi nella dimensione inanimata del fantoccio che non necessita di altra cura se non quella di essere controllato attraverso un monitor. Quello che mi chiedo è come si possa fare questo mestiere e trascurare l’importanza dell’aspetto umano, non comprendendo che è questo a fare la differenza tra tenere in vita e ridare la vita, prendersi cura e monitorare una macchina, somministrare farmaci e guarire. Quello che non riesco ad accettare è che solo adesso che il mio stato di coscienza mi ha riqualificata come essere umano, hanno l’urgenza di occuparsi di me; non tanto perché temono per la mia salute, quanto per lo straordinario caso che rappresento. Adesso è il momento delle domande insistenti, del via vai frenetico per trovare risposte plausibili. Adesso come essere umano cosciente mi avvalgo del diritto di non rispondere, di scegliere il silenzio all’imbarazzo di non trovare parole per raccontare l’inspiegabile a chi non ha la sensibilità necessaria a fare questo mestiere.
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