SIFONOFORO 31

il giorno dopo aurelio ed io proseguimmo in coppia. tentando per la 4ª volta di entrare nel porticciolo prima che facesse notte. ma poi pensandoci con più cura non eravamo soltanto aurelio e io c’era pure un cassone di calcestruzzo semovente non immediatamente visibile alla luce del giorno e soggetto nell’imminente buio notturno non tanto a modificazioni di forma quanto di sostanza. aurelio lo trattava con ironia e spesso con sanguinoso disprezzo ma standogli lontano almeno tre chilometri. la coppia dunque in effetti era costituita da me e il cassone. ma per il passante qualsiasi del quartiere soltanto dalle mie due lunghe gambe con la loro doppia gamma di riflessi solari. nera e bianca. prima di attraversare la porta e finire sulla strada suono una seconda volta a lungo. decido che non c’è nessuno. ansioso di sbagliarmi. sento tuttavia di là urti pestaggi utensili maltrattati. modulazione di una voce che è quella di adriana. guardo meglio. non c’è proprio nessuno. l’anta di una grande finestra rettangolare sbatte sulla guarnizione di marmo e spinge nei due sensi imponderabili volumi d’aria.
aurelio è impaziente. striscia i sandali avanti e indietro. strofina via il sudore dalle dita. fischiando accenna scalette bachiane.

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