ASPETTA PRIMAVERA BANDINI

A Marineo di Tusa, come tutti sanno, c’è un sarto sopraffino. E’ Tony l’albanese, di anni trentaquaranta, famoso per il taglio delle giacche con revers a lancia e le impunture a filo quadro 4,0 x 100mt in nylon professionale marca Vigor per decespugliatori, oltre che per la sua capacità di ingerire, e digerire, durissime ossa bovine. Non tutti sanno però che Tony l’albanese in realtà è un rumeno. Anzi, un romeno. E di una zona della Romania che gli stessi romeni considerano terra straniera perché in quella vivono i “siculi di Transilvania”, da non confondere ovviamente con i siculi di Sicilia, minoranza etnica di lingua ungherese del distretto di Covasna, capoluogo Sfantu Gheorghe, dove il nostro tiene famiglia e figli di mamma ucraina. Né, dicevo, suppongo lo sappiano bene i miei amici che continuano a chiamarlo l’albanese nonostante la sua chiara inflessione tardo-magiara e il Gaviscon che continua a consumare in bustine da quintali. Amici che, tra i mille pregi, hanno pure quello leggero e delizioso di divagare, cosicché si finisce sempre col parlare di tutto tranne che di quello per il quale ci si era sentiti: la Gruber invitata a Bilderberg, trovate molecole organiche su Marte, Pompeo annuncia denuclearizzazione Nord Corea. Non una parola sopra declino e fine dell’impero ottomano.

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