RITORNO (Capitolo Undicesimo)

Il quartiere ha un nome borghese. Borghesi le strade, gli alberi, le fermate, i passi, le foglie.

La figlia santa vorrebbe spazio nella storia, scuote per questo l’uomo riverso, con insistenza cerca un dialogo, si colora di azzurrowindows, non sa di iniziare iniziata.

Pamela esce dal bagno.

La storia subisce comunque modifiche sensibili al colore. Il barocco torna leggero, ripropone paesaggi abitati da bande, armate di spugne, pergraziericevute.
Dagli archivi gli spari, gli arresti, le lettere al capitano, che in giro perlustra, ignorando i microfoni.
Le campagne a cavallo rivivono, non riconoscono passato e presente, confuse da un vento che trascina memorie di bandoleros e villani, macchiati di fame, in cerca di un passo che non cancelli la storia. L’abigeato reato nostalgico cerca spazio.
Il capretto sulla brace dipinge la neve per pasticceri a valle, architetti di delikatessen. In un inverno ricco di latte.
La montagna si veste di stagione, perde peso. Svaniscono le tracce dei ricercati, l’ordine di arrestare e fucilare sul posto disperde la sua efficacia nei turbamenti dell’atmosfera, si attenua il disordine della coscienza, cresce la legatura al frassino con Bill al piano.
Il fuoco sorprende il capitano sulla via del ritorno, amico, nemico, nessuna voglia di rispondere, i riflessi dell’uomo riverso sul tavolo illuminano le pallottole, feriscono le cortecce.
Si sviluppa una battaglia di qualità.
Dall’auditorium, ex convento, filtra una voce di canto, è quella della clausura rimasta tra i muri dopo la soppressione delle persone. Tra le pietre, la malta e i cocci e si liberano per contratto, per occasione.
Si sperimenta il passato.

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