In occasione di una pioggia venuta a interrompere la mia camminata vengo a sapere di essere stato “studiato”. Che non sarebbe affatto una novità considerato che oramai abbiamo il sospetto che altri ci spiino in ogni istante tramite internet, telefonini, videocamere e sistemi satellitari. Ma è la brutale tranquillità con la quale mi viene finalmente ammesso a sconvolgermi: è la “certezza di saperlo” a posteriori. Questi i fatti. Già mezzo sudato chiedo un passaggio alla prima auto temendo di prendere un raffreddore. Contro ogni previsione l’acqua viene giù obliqua da ovest con forza sempre maggiore fino al punto che è impossibile scendere dall’Opel corsa dove ho trovato riparo. Perciò rimango alcuni minuti col signor G, un settantacinque anni, che nel frattempo si è presentato. Abita in cima al cocuzzolo. E’ di Palermo. Vive qui da vent’anni. Gli racconto che ogni tanto faccio quel tratto di provinciale a scopo terapeutico per un’ora/ora e mezza ma la risposta dell’uomo – fornita con la più assoluta innocenza – mi raggela: lei viene qui quasi ogni giorno, mi corregge, io l’ho osservata. IO L’HO OSSERVATA. Espressione che ha poco da dividere col familiare “io l’ho vista”, domestico e rassicurante quanto un “io ho appreso fuggevolmente che lei viene qui a passeggiare”, molto invece con l’agghiacciante “io ho seguito con interesse i suoi movimenti e posso affermare con certezza che lei viene qui a passeggiare”. Ossia, io l’ho spiata. Realizzo con terrore un fatto cui non avevo mai dato importanza che invece ora mi sembra determinante: c’è una parte della nostra vita che sfugge al nostro controllo e non riusciremo mai a dominare. E esiste una differenza tra sapere che nel mondo accade qualcosa a nostra insaputa e sapere che nel mondo accade qualcosa a nostra insaputa che però ci riguarda. La seconda è fondamentale alla nostra distruzione personale.
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